ARTROSI DEL GINOCCHIO

Che cos'è l’artrosi del ginocchio?

L’artrosi del ginocchio, o gonartrosi, è la più comune malattia del ginocchio in età senile. E’ una malattia cronico-degenerativa, in quanto provoca disabilità crescente nell’arco di alcuni anni. Può essere grossolanamente definita una sorta di “usura” dei capi articolari, nella quale lo strato di cartilagine che riveste i condili femorali e i piatti tibiali si assottiglia progressivamente fino ad esporre l’osso sottostante. Questo reagisce addensandosi e producendo escrescenze periferiche appuntite, gli osteofiti. Anche la rotula può essere coinvolta insieme con la sua superficie di scorrimento sul femore distale (la troclea). Nelle fasi più avanzate della malattia la capsula articolare si ispessisce e i muscoli si retraggono fino a determinare un ginocchio rigido, in genere semiflesso e varo.

 

Chi ne è colpito?

La gonartrosi è una patologia tipica dell’età avanzata (oltre i 60 anni), soprattutto nelle sue forme primarie (ovvero a causa ignota), che, contrariamente all'artrosi dell'anca, prediligono il sesso femminile. Quando l'artrosi consegue ad una condizione morbosa pre-esistente (ovvero è secondaria) l'età media di insorgenza può abbassarsi notevolmente (40-50 anni).

 

Quali sono le cause della malattia?

La gonartrosi primitiva è una condizione di cui non è nota la causa determinante; l'obesità (e quindi il maggior carico) gioca sicuramente un ruolo importante nella progressione della malattia. Le cause più comuni di gonartrosi secondaria sono invece i postumi di fratture articolari del ginocchio, i malallineamenti (ginocchio varo e valgo), il disallineamento dell'apparato estensore, le instabilità (rottura inveterata dei legamenti crociati), i postumi di interventi oggi non più praticati (meniscectomia totale, osteocondrite dissecante e osteonecrosi condilica). Raramente si riconoscono anche cause sistemiche, quali alcune malattie dismetaboliche.

 

Come si manifesta?

Il ginocchio artrosico è innanzitutto dolente (gonalgia). Il dolore, che è esacerbato dalla flessione massima, è in genere ben localizzato. Non di rado una coesistente cisti di Baker provoca una fastidiosa sensazione di tensione o pressione nell'incavo del ginocchio. Il dolore in principio è occasionale, conseguente in genere a sforzo (es. una lunga camminata, alcune rampe di scale...), e viene prontamente alleviato dal riposo. Con il tempo, esso può divenire permanente e disturbare persino il sonno. Il dolore indotto dal carico determina una claudicazione o zoppia di fuga: il paziente tende a caricare poco sull'arto dolente, accorciando la fase di appoggio sul piede corrispondente. Inoltre, la progressiva flessione del ginocchio che non può più estendersi completamente rende difficoltosa la deambulazione. Nelle fasi avanzate, l'usura spesso asimmetrica dell'articolazione tende a determinare un malallineamento in varo o valgo o ad aggravarne uno pre-esistente.

 

Quali esami sono utili?

La diagnosi di gonartrosi è squisitamente radiologica. E’ sufficiente una radiografia in carico nelle due proiezioni standard (anteroposteriore e laterale) per evidenziare i quattro segni radiologici fondamentali dell’artrosi: riduzione della rima articolare, addensamento dell’osso subcondrale, geodi (ovvero cavitazioni dell’osso, più rare nel ginocchio di quanto non si osservi nell'anca) e osteofiti. In preparazione ad un intervento chirurgico è bene eseguire ulteriori indagini, che permettano di pianificare al meglio la procedura: in genere una teleradiografia in carico (ovvero una lastra lunga che comprende la totalità degli arti inferiori) e le proiezioni assiali della rotula (con ginocchio flesso a 30° e 60°) completano così il quadro. Nella valutazione di un ginocchio artrosico TAC e RMN sono esami perlopiù inutili, salvo casi molto particolari nei quali queste metodiche costituiscono esclusivamente un completamento diagnostico.

 

Come si cura?

La soluzione più efficace della gonartrosi nelle forme avanzate, caratterizzate da una riduzione della qualità della vita e dall’uso frequente di analgesici, è chirurgica ed è rappresentata dalla protesi di ginocchio (totale o monocompartimentale, a seconda del quadro clinico). Nelle forme iniziali e caratterizzate da una significativa deviazione assiale (ginocchio varo o valgo), è possibile eseguire interventi correttivi (le cosiddette osteotomie) che, riallineando l'arto, arrestano o rallentano la degenerazione articolare. In questo modo è possibile, su pazienti relativamente giovani, posticipare di molti anni o persino evitare la sostituzione protesica del ginocchio. Le forme iniziali possono trovare un temporaneo giovamento nella viscosupplementazione locale: terapia, di competenza prettamente specialistica, che viene eseguita mediante una serie di 2-4 infiltrazioni endoarticolari di preparati a base di acido ialuronico. La finalità della viscosupplementazione è il miglioramento della lubrificazione del ginocchio e del trofismo delle cartilagini. La terapia farmacologica (antiinfiammatori e antidolorifici) è essenzialmente palliativa e dovrebbe essere impiegata, in modo possibilmente ciclico e non continuativo, per alleviare i disturbi nel paziente non candidato alla protesizzazione (perché ancora poco sintomatico o perché inoperabile). Poichè il ginocchio è circondato da un "astuccio" osseo solido e spesso, le comuniterapie fisiche (laser, ultrasuoni, elettroforesi…) risultano in genere poco efficaci. Nei soggetti obesi il calo ponderale ottiene grandi benefici e può prevedibilmente rallentare l’evoluzione del danno articolare, mentre un moderato esercizio fisico in assenza di carico (nuoto, bicicletta) permette di conservare più a lungo la mobilità e il trofismo muscolare, ritardando la comparsa di rigidità. Ovviamente le attività fisiche in carico, come il jogging, e tutti gli sport di contatto sono da evitare, poiché potrebbero accelerare la progressione del danno cartilagineo.

 

Che cos'è la protesi di ginocchio?

L’artroprotesi di ginocchio (o semplicemente protesi di ginocchio) è un’articolazione artificiale realizzata in leghe metalliche e materiali plastici, che va a sostituire, rivstendole, le superfici articolari del femore e della tibia, in toto (protesi totale) o parzialmente (protesi monocompartimentale), eliminando la fonte del dolore in modo efficace e permanente. La protesi è costituita da una componente tibiale e da una componente femorale, che vengono fissate all'osso attraverso l'impiego di cemento acrilico. Meno comune, a differenza della protesi d'anca, è l'impiego di componenti porose senza cemento. Sulla componente tibiale viene assemblato un inserto in polietilene, fisso oppure rotante a seconda del modello protesico.

 

Quando è indicato l'intervento?

La sostituzione protesica del ginocchio è indicata in tutte le gonartrosi, primarie e secondarie, nel momento in cui la sintomatologia non è più controllabile con le cure mediche e fisioterapiche. Anche le artriti (artrite reumatoide soprattutto) possono richiedere un intervento protesico quando l'articolazione sia stata irreversibilmente danneggiata.

 

Totale o monocompartimentale?

Il ginocchio è composto da tre compartimenti articolari: mediale, laterale e femoro-rotuleo. La protesi totale è indicata laddove il ginocchio sia interessato da un processo degenerativo globale, ovvero che coinvolge più di un compartimento. In questi casi una sostituzione parziale, ovvero di un solo compartimento, porterebbe inevitabilmente al fallimento. Al contrario, la protesi monocompartimentale costituisce la soluzione ideale nelle ginocchia che presentino un danno limitato ad un solo compartimento (più spesso quello mediale). Questa protesi, infatti, permette di conservare gran parte dell'articolazione naturale, riducendo così l'invasività della procedura chirurgica.

 

Com'è il decorso postoperatorio?

Dopo l'intervento, il paziente rimane ricoverato nel reparto chirurgico per un tempo variabile tra 5 e 7 giorni. Successivamente può essere dimesso al domicilio oppure trasferito presso una struttura riabilitativa. La decisione, concordata con il paziente, dipende dall'età, delle malattie coesistenti, della capacità di effettuare autonomamente il programma riabilitativo stabilito Già in prima giornata il paziente inizia gli esercizi passivi di flesso-estensione del ginocchio, così da ridurre il rischio di rigidità. Il raggiungimento di una buona articolarità del ginocchio operato già nei primi giorni dopo l'intervento è un fattore fondamentale per avere un risultato ottimale. La deambulazione inizia in genere il giorno successivo l’intervento, con l'ausilio di stampelle o girello per ridurre il carico sull'arto operato. Dopo 6-8 settimane, in presenza di un decorso regolare, il paziente può tornare ad una vita del tutto normale.

 

Quanto dura una protesi di ginocchio?

Le protesi attualmente disponibili hanno una sopravvivenza media di circa 20 anni, ma la variabilità individuale è grandissima. Il peso corporeo e il livello di attività fisica sembrano incidere in modo determinante sulla durata dell'impianto. Questo fa sì che un paziente anziano, magro e con basse richieste funzionali possa ragionevolmente ritenere che il suo impianto sia "per sempre". Non così un giovane attivo e sovrappeso, per il quale il rischio di andare incontro ad un intervento di riprotesizzazione è concreto.

 

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